Pet Therapy nelle RSA, quando gli animali aiutano gli anziani a stare meglio

Da che cosa dipende questa sensibilità dell’uomo rispetto alla compagnia degli animali?

21 febbraio 2022
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Pet Therapy nelle RSA, quando gli animali aiutano gli anziani a stare meglio Pet Therapy nelle RSA, quando gli animali aiutano gli anziani a stare meglio

Che gli animali, soprattutto i cani, abbiano la capacità di portare un grande sostegno morale e psicologico alle persone, soprattutto non autosufficienti, lo si è scoperto anche dal punto di vista scientifico, fin dagli Anni 50 dello scorso secolo.

Fu in quel periodo, infatti, che uno psicologo statunitense scoprì l’azione positiva della compagnia del proprio cane su un bambino con comportamenti autistici, individuando nell’animale la figura di un co-terapista nel trattamento di varie patologie psichiatriche. Qualche anno dopo, circa una ventina, la Pet Therapy - cioè la terapia che prevede l'utilizzo di animali da compagnia per la cura di specifiche patologie e di problemi del comportamento - venne invece applicata da alcuni studiosi inglesi sugli anziani, riconoscendo agli animali un ruolo di facilitatori sociali di primo livello.

Il valore scientifico della Pet Therapy

Da che cosa dipende questa sensibilità dell’uomo rispetto alla compagnia degli animali?
Ne parliamo con la dottoressa Lavinia Toussan, geriatra e medico, Responsabile della “Residenza Anni Azzurri Parco di Veio” di Roma.

Dott.ssa Toussan, perché l’uomo, soprattutto quando è in difficoltà, mostra di gradire così tanto la compagnia degli animali?
«Perché è un essere sociale che necessita di instaurare legami con altri esseri viventi, anche di specie diverse. Questo tipo di compagnia ha effetti positivi su di lui perché contribuisce a ridurre lo stress e l’insorgenza di malattie psicosomatiche, oltre a donargli sicurezza e tranquillità. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che instaurare un legame con un animale e giocare con esso migliora l’umore e produce un effetto tranquillante. Questo avviene peraltro anche nel rapporto tra animale e persone che non soffrono di particolari problemi di salute. Come ben sa chi la vive in prima persona, la presenza di un animale domestico in un contesto casalingo è in grado di colmare un senso di solitudine e di favorire l’interazione sociale e il dialogo in tanti contesti».

L’amicizia uomo-animali domestici si perde nei tempi, molto più recente è la consapevolezza che questo rapporto può essere utile all’uomo anche dal punto di vista del suo benessere fisico…
«È un dato di fatto che gli amici a quattro zampe siano sempre più utilizzati, con grande beneficio, in ambito di assistenza umana. Basti pensare ai cani addestrati per assistere le persone non vedenti o sulla carrozzina. Ma ora è certificato che oltre all’estrema utilità pratica nell’esecuzione di alcune mansioni a supporto della quotidianità delle persone con disabilità, quello che si viene a creare è un intenso legame affettivo che porta questi animali a essere un grande sostegno morale e psicologico per le persone non autosufficienti».

Qual è il valore scientifico della Pet Therapy e quali benefici comporta dal punto di vista fisico?
«Il valore scientifico sta nel beneficio psicologico e fisico che si sviluppa dal legame affettivo tra uomo e animale. E non si tratta solo di aspetti emotivi. Questo rapporto di mutuo aiuto tra umano e animale, in particolare il cane, porta a vere e proprie modificazioni fisiologiche dell’uomo come l’abbassamento della pressione sanguigna, il rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio, il rilassamento della tensione muscolare. Si registrano inoltre modificazioni neuro-ormonali che mutano la produzione degli ormoni dello stress - adrenalina e cortisolo - modificando l’attività ipotalamo-ipofisi-surrene».

“Numerose ricerche scientifiche dimostrano che instaurare un legame con un animale e giocare con esso migliora l’umore e produce un effetto tranquillante.”

Il cane, l'animale più adatto?

Approfondiamo con la dottoressa Serena Sgroi, terapista occupazionale della residenza Anni Azzurri Parco di Veio, alcuni aspetti legati alla terapia con gli animali.

Dottoressa Sgroi, perché il cane è l’animale che viene considerato più adatto alla Pet Therapy?
«È semplice, perché è l’animale che più di ogni altro è capace di interagire con l’uomo. È molto socievole, si adatta facilmente a situazioni di vario genere e può essere introdotto negli ambienti senza particolari difficoltà. Infine perché è facilmente addestrabile, intelligente e sensibile. Ovviamente il cane da inserire in un progetto di Pet Therapy deve avere un’indole adeguata, una preparazione specifica, ed essere in buone condizioni di salute, sia fisica sia psicologica».

Quali effetti positivi ricevono, in particolare, gli ospiti che vivono nelle Residenze per anziani?
«In genere gli anziani che vivono nelle residenze come la nostra, oltre a soffrire per molte patologie che li rendono non autosufficienti e particolarmente fragili, risentono molto del distacco dai familiari e dalla propria casa. Una condizione che causa una difficoltà a mantenere una normale comunicazione e socializzazione con gli altri ospiti e con il personale della struttura. La Pet Therapy può aiutare le persone anziane che vivono uno stato di malinconia e depressione a riscoprire la voglia di interagire con l’esterno, favorendo una visione più positiva nei confronti delle normali attività socio educative presenti nella comunità in cui sono inseriti».

Una terapia di questo tipo viene considerata ideale anche in situazioni caratterizzate da decadimento cognitivo. Quali sono i meccanismi che si attivano in questi casi?
«Per quanto riguarda i pazienti con difficoltà cognitive in fase precoce, sono molto importanti le semplici sequenze che caratterizzano il rapporto con un animale da compagnia: impartire un ordine, premiare un comportamento virtuoso, “sgridare” un’azione non adeguata… tutti comportamenti che sono in grado di attivare numerose competenze cognitive. Inoltre, una semplice azione come quella di accarezzare un animale riesce a generare un rilassamento e un calore che, attraverso la produzione di vari neurotrasmettitori, migliora la rigidità e l’ipertrofia muscolare tipica delle patologie neurologiche, contribuendo a offrire un senso di sicurezza e calma che nessun rapporto con umani riuscirebbe a dare».

A questo proposito, a volte si ha l’impressione che le persone affette da demenza riescano a instaurare più facilmente un rapporto con gli animali rispetto agli umani. È proprio così?
«Sì, per le persone che comunicano scarsamente con il mondo esterno è molto più semplice instaurare un rapporto con gli animali, soprattutto con cani e gatti. Questo accade perché la comunicazione animale si basa su interazioni non verbali, che nulla hanno a che fare con il linguaggio e con la memoria, competenze spesso compromesse in presenza di demenza. Bisogna aggiungere che la reazione positiva che si instaura nel corso di una Pet Therapy riesce a riaprire il flusso dei ricordi, perché è in grado di rievocare emozioni e dunque esperienze passate».

La storia di Arya, mascotte di Parco di Veio

Gli anziani che vivono nella residenza Anni Azzurri Parco di Veio possono godere della presenza di due amiche particolari. Si chiamano Bianca e Arya e sono due cagnette che ormai da anni condividono la loro giornata con ospiti e personale.

«Bianca è un incrocio maremmano/labrador che è stata inserita nella nostra struttura diversi anni fa - spiega Antonella Di Bernardini, direttrice della residenza Anni Azzurri Parco di Veio -, a seguito di un progetto del Comune di Roma volto a fornire animali per la pet therapy alle residenze per anziani della città e contestualmente a fornire una famiglia ai cani ospitati presso il canile comunale della Muratella».

Arya, una piccola cagnolina meticcia, è invece arrivata qualche anno dopo. La sua è una storia che purtroppo, all’inizio somiglia a quella di molti altri cani. Ce la racconta la stessa direttrice: «È stata trovata da mio figlio mentre correva spaventata e piangente sulla via Salaria, in mezzo alle macchine. Aveva solo sei mesi, ci ha detto poi il veterinario, e probabilmente era stata abbandonata, forse scaricata da un’auto di passaggio».

L’alternativa era: tenerla o portarla al canile. La scelta cadde sulla prima opzione: «Ho pensato che avrebbe potuto sostituire Nero, il barboncino che avevamo in residenza insieme a Bianca e che era morto da poco - prosegue la dottoressa Di Bernardini -. L’abbiamo portata in struttura, il veterinario l’ha visitata, microcippata e vaccinata e da quel momento è entrata nello “staff” di Parco di Veio».

Con una particolarità: «I primi giorni, ogni volta che mi accingevo a lasciarla per tornare a casa lei mi guardava con degli occhi che mi stringevano il cuore. Per cui ho cominciato a portarla a casa e da quel momento in famiglia non siamo più riusciti a lasciarla, per cui lei ogni mattina viene con me al lavoro e tutte le sere ce ne torniamo insieme a casa».

Nel tempo Arya è diventata la mascotte della residenza, adorata dagli anziani e dal personale, che ormai riconosce e da cui ama ricevere carezze e coccole. «E c’è una cosa che mi emoziona molto - conclude la direttrice di Parco di Veio -: da noi vive un’anziana ospite, la signora Benedetta, che è affetta da demenza e per questo fa in genere discorsi senza senso. La cosa straordinaria e che quando vede Arya riesce a dire parole e ad articolare frasi di senso compiuto. È evidente che l’amore che prova per questo animale la rende capace di esprimersi come se non soffrisse della sua malattia, tanto che se qualcuno la vedesse solo in quel momento non riuscirebbe a capire per quale motivo si trova in una struttura per anziani. È incredibile il potere che questi piccoli esseri riescono a mettere in campo, anche solo con la loro presenza».

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