Segreti di zucchero
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Il profumo cominciava a fare capolino tra le strade del quartiere, che ancora non era sorto il sole. Arrivava alle narici dello spazzino, a quelle di qualche gatto spelacchiato, che lo preferiva persino all'odore del pesce. Era avvolgente, morbido, tiepido.

Dolce e pieno, colorava di rosa, violetto e d’oro l'aria umida del mattino, per poi diventare a un tratto fresco e frizzante e tingere di azzurro e verde il vapore leggero sulle strade, sui marciapiedi. Quel profumo ti prendeva per mano, per condurti lì dove nasceva, dinanzi a un negozietto piccolo e colorato. Era la bottega di Carlo il Caramellaio.

Tutti i bambini facevano a gara per guardare attraverso la vetrina del caramellaio quando ci passavano davanti. In particolare, c’era un bambino, Giulio, che si impicciava più di tutti. Mentre Carlo non se ne accorgeva, lo osservava. Quello che vedeva all’interno di quella botteguccia profumata, non faceva che aumentare la sua curiosità: vedeva il caramellaio parlare da solo, ogni tanto ridere di gusto. Altre volte lo sentiva complimentarsi con una tale Amelia come se fosse proprio a fianco a lui. Insomma, forse avevano ragione a dire che era un poco matto.

“Rieccolo, il curiosone dai capelli rossi!”, borbottava Carlo ogni volta che si attardava di fronte alla sua bottega.

Quando entrava, poi, Giulio dai capelli rossi, era un turbine di domande: “Con chi parlava stamattina signor Carlo? Come fa a fare le caramelle tutto solo? Crescono sugli alberi le caramelle? I miei amici dicono che c’è una fata sul retro che la aiuta, è vero?”

“Domande, domande, quante domande! Le caramelle le faccio io, solo io, tutte io! Sai perché i miei vasi sono sempre belli colmi di caramelle? Di pesciolini di liquirizia, orsetti gommosi, lecca-lecca giganti, delizie gialle, rosse, a pois? Perché mentre lavoro canto!”

E che cantasse, fischiettasse, ballasse era verissimo.

“Cerco un po’ di blu, dove il blu non c’è!... Pronti i lecca-lecca alla fragola, Amelia? E di caramelle alla menta ne facciamo ancora? Vanno a ruba!”

Per la maggior parte dei suoi clienti Carlo il caramellaio era un poco matto. E invece aveva un segreto. Una notte, anni addietro, Carlo il caramellaio era stanchissimo. Quello di cui aveva bisogno era un aiutante, qualcuno che lavorasse con lui, sebbene la cosa migliore sarebbe stata avere una macchina capace di fabbricare caramelle solo sulla base delle sue idee. Quello sì che avrebbe fatto la differenza! Prese allora l’abitudine, ogni sera, di restare a disegnare, progettare. Il tavolo da pasticcere si trasformava in banco da disegno. Carlo, instancabile, appuntiva la mina della sua matita e tracciava linee, segnava appunti, ma ogni bozzetto gli sembrava più il disegno di un sogno che una possibilità concreta. Una notte, però, la stanchezza lo sopraffece e senza nemmeno accorgersene si addormentò. Fu risvegliato da un ronzio e un lieve ticchettio di aggeggi all’opera, che il sole era appena sorto. Gli sembrava di stare nella bottega di un orologiaio. In realtà era sempre nel suo laboratorio, solo che al centro della stanza c’era una macchina di metallo lucente, imponente. Carlo era stupefatto. Non capiva cosa fosse, come fosse arrivata lì, chi l’avesse messa lì! Si alzò in piedi e solo allora, nello stropicciarsi gli occhi, si accorse di avere un lecca-lecca in mano. Grande, perfetto. “Per farlo da sé ci mettevo le ore!”.

A spiegargli tutto ci pensò lei, Amelia, presentandosi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E a Carlo bastò, non si pose molte domande. Senza contare che Amelia, oltre a essere un’instancabile fabbricatrice di caramelle era anche dotata di una simpatia vivace e intelligente.

Un giorno il bimbetto ficcanaso entrò all’improvviso, e sorprese Carlo proprio mentre parlava con lei. Ripartì con le sue domande: “Signor Carlo è mattina presto e i suoi vasi di caramelle sono tutti pieni, quindi lei deve aver lavorato tutta la notte per colmarli… Però non ha affatto l’aspetto di qualcuno che ha lavorato tutta la notte. E soprattutto, dov’è la signora Amelia, perché non la vedo mai?”.

Aveva l’occhio lungo quel bambino lì. Carlo si trovò dinanzi a una scelta: far finta di nulla, oppure, fidarsi e svelargli il suo segreto.

Allora chiuse la porta d’ingresso a chiave e girò il cartello su “Torno subito”. Prese con calma da uno scaffale una scatola di legno con su scritto “aromi ed estratti rari” e cominciò a spiluccare tra provette tintinnanti e colorate. “Tieni, porta queste là”, disse al bambino porgendogli preziosi ingredienti, e Giulio non se lo fece ripetere due volte.

Dietro alla tenda c’era una stanza dalle pareti candide. Tutt’attorno, lungo le pareti, correvano tavoli attrezzati con carte colorate, carta argentata, grandi scatole di zucchero, sciroppi. Al centro della stanza stava Amelia, di tanto in tanto con un suono ritmico sbuffava. Sembrava un grande essere placidamente addormentato.

“Questa è Amelia, l’infaticabile e brillante creatrice di tutte le caramelle del mio negozio.” Al sentir pronunciare il suo nome, Amelia si riscosse, emise qualche lieve fischio, un borbottio e poi disse: “Pronta! Che delizia, oggi, maestro?” - “Oggi caramelle per Giulio dai capelli rossi, Amelia! Ci ha scoperti!”

“Ecco qui, latte e menta, per Giulio!”, disse Amelia. Il Signor Carlo gliela porse e lui, felice, la mangiò, pensando che a volte le persone che sembrano strane o matte possono solo essere semplicemente felici.

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La storia di Carlo
Carlo
Ospite della Residenza Anni Azzurri Santena (Santena, TO)
Letta da Cesarina
Cesarina
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